Il terraneo del civico 12 di Via San Giacomo in Mercato San Severino, facente parte del complesso architettonico di San Giacomo de Cervito, si presenta come un unico ambiente di forma rettangolare con volta a botte poggiante sulle pareti laterali attraverso quattro vele e cinque pennacchi. Le pareti laterali sono quindi suddivise nella zona superiore in quattro arcate ciascuna. A destra entrando si trovava una fornace di cui si notano le tracce sulla parete. A sinistra sono presenti due nicchie rettangolari, la prima posizionata a circa 40 cm dal pavimento a la seconda ad altezza del pavimento. La parete di fondo con arco a tutto sesto, presenta in alto una finestra rettangolare con grata, al di sotto della quale, ad altezza del pavimento vi è una nicchia delle stesse dimensioni e forma di quella laterale, mentre a sinistra di questa nicchia si intravede sull’intonaco la traccia di un’altra apertura o nicchia attualmente chiusa. La parete di controfacciata è un rifacimento post-bellico, in essa vi è l’accesso al locale che è chiuso da un portone ligneo.
Sulle pareti laterali e sulla volta si intravede la presenza di dipinti murali con figure umane, decorazioni a candelabri e fasce colorate. Di questi dipinti non è possibile stabilire attualmente una datazione poiché coperti quasi integralmente da sporco ed intonaci, tuttavia si presume che possa trattarsi di opere risalenti al XVI/XVII sec.
NOTIZIE STORICHE DEL COMPLESSO DI SAN GIACOMO DE CERVITO
Già agli inizi del XIV secolo è documentata l’esistenza di una chiesa intitolata a San Giacomo de Cervito situata nel luogo chiamato “lo Resicco”, nei pressi della porta “Rotese”, che conduceva a Salerno.
Viene elencata nel 1309 fra quelle che pagano le decime alla Camera Apostolica.
Evidenti analogie architettoniche tra il companile di San Giacomo con quello della chiesa di San Giovanni in Parco (1466) fanno pensare che i due edifici religiosi furono costruiti nello stesso periodo.
La chiesa, di patronato dell’Università di San Severino, compare in diversi documenti del XVI secolo, tra cui una relazione firmata da Ieronimo Ansalone col sigillo dell’Università di San Severino, datata 5 luglio 1593, in cui si legge che “nel Mercato al resicco vi è la chiesa Antiqua detta di S. Iacomo la quale, molti anni addietro era quasi diruta e dopo si è dato principio all’Ospedale et nova fabbrica della chiesa e anche la vecchia ecclesia è stata coperta et accomodata a spese dell’Università perché si potesse celebrare…”, mentre in un altro documento datato 6 luglio dello stesso anno, Ferrante Fusco, dichiara:”Essendomi conferito a S. Iacobo del resicco ho ben considerata et misurata la chiesa di lunghezza di palmi 45 e larghezza 35. Verso oriente, per undici palmi discosta, si vede nuovamente edificata per l’Universita’ di San Severino una bella e moderna chiesa, intitolata similmente a S. Iacomo, amplia et spatiosa, et l’arcata et cornicioni di dentro e di fuora sono di pietra intagliata a guisa di piperni di Napoli. Verso mezzogiorno v’è un comodo et aggarbato hospitale dove si governano infirmi et accogliono esposti et vi sono de l’uno et l’altro sesso; sotto la corseria dell’hospitale vi è un monte di pietà che impresta ai poveri graziosamente et il pegnio et detti hospitale e monte sono a somiglianza di quelli dell’Annunziata di Napoli…”
Nel 1595 da una relazione della visita dell’Arcivescovo di Salerno Mario Bolognini, risulta che nella chiesa di San Giacomo è eretta la Confraternita di Maria SS. della Neve, dove venivano sepolti i confratelli.
Nel 1798 si ha notizia della presenza all’interno della chiesa di un altare con statua dedicata al culto di San Severino.
Quando l’Arcivescovo Salvatore Spinelli, nel maggio del 1798, fa visita alla chiesa essa presenta sette altari dedicati a San Gaetano, Santa Maria di Loreto, San Giuseppe, Sacra Famiglia, Sant’Agata, San Carlo Borromeo, San Severino.
Altri documenti di Sante visite per tutto il XVI, XVII e XVIII sec. fanno descrizione dei luoghi, delle nomine, delle donazioni e rendite della chiesa e dei suoi annessi.
Nel XVIII sec. nella chiesa di San Giacomo viene eretta una confraternita del clero intitolata all’Assunta.
Il complesso ecclesiastico ospitava, come risulta dai documenti, l’Ospedale dei Poveri, il Monte di pietà, la Ruota degli esposti ed un Orfanotrofio.
La ruota degli esposti risulta essere stata restaurata a spese del Comune nel Marzo 1833, e fino agli inizi del novecento era ancora presente.
Nel 1810 la chiesa di san giacomo era amministrata da sindaci pro-tempore e dal Collegio dei Decurioni, i quali vantavano su detta chiesa un “chimerico” diritto “jus padronato” poiché il luogo, per regio Demanio era di pubblica beneficienza. Sessant’anni prima vi era “per comodo della popolazione” un Monte denominato Banco di San giacomo “ dal dispotismo degli amministratori comunali di quell’epoca dilapidato e dismesso”, un Ospedale “…nel suo mediocre edificio esiste ancora la sala degli ammalati e la Cappella , la cunina dell’ospedale ed il forno…”, l’Orfanotrofio per i bambini abbandonati nella ruota degli esposti “…vie è la Ruota col portellino di marmo di lavoro antico…vi è sempre stata fissa la ruota ricevitrice de’ projetti…nella chiesa, attaccata a tal pio luogo un antico e vecchio Battistero, Sacra Lavanda de’ projetti…vi è la ricevitrice dei projetti, quattro projetti e due nutrici…”.
I diritti vantati dagli amministratori scaturirono in una vertenza tra essi ed il Demanio circa l’attribuzione della chiesa, ma non furono trovati i documenti necessari a far luce sulla vicenda poiché “per impedire la scoperta delle usurpazioni…si sono bruciate le carte suddette, involando la fondazione ed i veri suoi registri…si vuole che ciascheduno dei suoi passati sindaci, dal 1800 in poi…si ha appropriato un fondo ed ecco come si ha avuta l’accortezza di far disperdere le scritture…”. Gli amministratori continuarono le loro fosche faccende, occultando e sottraendo atti pubblici, falsificando documenti, dilapidanto i beni destinati alla pubblica beneficenza, mentre dentro le mura della chiesa, Ospedale, Orfanotrofio, Banco dei Pegni di San giacomo, le giovani orfanelle in età da marito, gli orfani, le nutrici e la ricevitrice conducevano la loro squallida esistenza usurpate di ogni diritto.
Nel 1812, l’Orfanotrofio non risulta più attivo.
Il vicario foraneo di San severino, il 28 dicembre 1858 descrive la chiesa nel seguente modo: “la chiesa di san Giacomo è larghissima e bella nella struttura, ma vi bisogna alle mura, alla soffitta ed al pavimento di una innovazione”.
L’arc. Laspro, nel 1902, fece visita a San giacomo ed in tale occasione fu scritto: “l’altare maggiore sotto il titolo di San Rocco sia pulito e ornato di conopeo, quello dell’Assunta sia provvisto di pietra sacra, quello di M. SS. di Loreto di tela incerata, così pure gli altari di S. Giacomo, si S. Anna, di S. Carlo Borromeo, di S. Severino”.
Tutte le opere presenti nella chiesa, quando questa fu chiusa al culto, passarono alla chiesa di San Giovanni in Parco, eccetto la statua di San Rocco a mezzo busto che fu portata nella chiesa di S. M. delle Grazie, mentre non si conosce la sorte delle opere degli altari di San Giacomo e San Severino.
Dott. Antonella Favato
1. OTTAVIO CAPUTO “Chiese di un tempo – San Giacomo de Cervito” in “Antiche chiese di Sanseverino” – Diocesi di Salerno, pag. 127/131.
2. TERESA PALMA “ Orfanotrofio di San Giacomo: usurpatori e dilapidatori di infelici projetti ed onorate donzelle” in “Storia per Frammenti” – Archivio Comunale e ricerca didattica-QUADERNO N.3, pag. 19/22
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DESCRIZIONE
L’ambiente in oggetto è situato al piano terra di un edificio sottoposto alla tutela di cui al D.Leg.vo n. 42/2004, in quanto facente parte del Complesso di San Giacomo de Cervito risalente al XIV secolo comprendente la Chiesa dedicata a San giacomo, l’Ospedale dei Poveri, il Monte dei Pegni e l’Orfanotrofio.
Il terraneo, chiuso ed inutilizzato per oltre dieci anni, era stato in epoca recente, occupato da una bottega per la lavorazione artigianale del ferro. Proprio tale attività ha procurato l’annerimento generale delle murature già precedentemente più volte scialbate.
Lo spesso strato composito che ricopre gli intonaci antichi, in molte parti si è distaccato ed ha messo in evidenza la presenza delle antiche pitture di cui si intravedono parti di figure umane, decorazioni fitomorfe ed architettoniche.
Allo stato attuale è difficile indicare quale possa essere il soggetto delle scene, così come quantificare l’estensione della superficie dipinta, le cui tracce però si scorgono chiaramente su tutte le pareti, Sulle vele e sulla volta.
Il terraneo, chiuso ed inutilizzato per oltre dieci anni, era stato in epoca recente, occupato da una bottega per la lavorazione artigianale del ferro. Proprio tale attività ha procurato l’annerimento generale delle murature già precedentemente più volte scialbate.
Lo spesso strato composito che ricopre gli intonaci antichi, in molte parti si è distaccato ed ha messo in evidenza la presenza delle antiche pitture di cui si intravedono parti di figure umane, decorazioni fitomorfe ed architettoniche.
Allo stato attuale è difficile indicare quale possa essere il soggetto delle scene, così come quantificare l’estensione della superficie dipinta, le cui tracce però si scorgono chiaramente su tutte le pareti, Sulle vele e sulla volta.
I lavori di messa in luce e consolidamento dei dipinti murali dell’ambiente in oggetto, secondo quanto previsto dal progetto autorizzato dalla Soprintendenza B.S.A.E. di Salerno ed Avellino con lettera del 20 luglio 2010 prot. 0002287, e contestualmente iniziati alla presenza del Dott. A. Braca, alla data odierna hanno dato esito a quanto di seguito riportato.
Dopo aver eseguito il preconsolidamento ed il fissaggio dei lacerti pericolanti mediante infiltrazioni di resina acrilica in sospensione acquosa e messa in opera di scarpette di contenimento lungo i margini, sono state eseguite prove di rimozione degli strati sovrammessi.
L’evidenziazione delle stratificazioni presenti in superficie è stata eseguita a bisturi, con l’ausilio di acqua deionizzata ed ha evidenziato la presenza di n. 6 stratificazioni.
La prima è costituita da un deposito incoerente di fuliggine a carattere grasso, con spessore notevole, originato con tutta probabilità dalla lunga attività esercitata all’interno del locale dalla bottega di lavorazione del metallo. Subito al di sotto della fuliggine si riscontra uno crosta alta circa un millimetro, di colore nero, compatta ma disomogenea, diversamente adesa alla superficie a seconda delle zone, con formazione di grosse placche distaccate che si alternano con porzioni tenacemente accorpati agli strati sottostanti.
A seguire si rinviene un livello di colore grigio anch’esso stratificato, del quale, a seconda dei punti di prova effettuati, si sono accertati almeno due o tre sovrapposizioni con spessori variabili.
Dopo la copertura grigia si riscontrano sali carbonati che ricoprono disomogeneamente una patina molto tenace, più o meno trasparente di colore giallo ambra, contaminata o sovrapposta a sali solubili.
Da quanto si è potuto osservare, i dipinti sottostanti sono eseguiti a buon fresco e risultano abbastanza ben conservati tenuto conto dell’incuria a cui sono stati sottoposti e delle condizioni di estremo degrado dell’ambiente.
La messa in luce delle zone sin’ora scoperte è stata quindi condotta rimuovendo preventivamente il deposito incoerente con pennello ed aspiratore a bassa potenza, dopo di che lavorando a bisturi agevolando l’operazione mediante utilizzo di acqua deionizzata che ammorbidisce gli strati di colore grigio sottostanti la crosta nera favorendone il distacco, fino alla messa in luce dei dipinti che rimangono ricoperti dallo strato semi-trasparente giallo ambra sopra descritto.
Il lavoro fin qui eseguito ha interessato la metà più interna dell’ambiente. A seguito dell’osservazione e della superficie totale e di quanto emerso, si è potuta individuare la presenza di dieci grandi figure di Santi posizionate una per ogni arco sulle pareti laterali (parete A e C) e due sulla parete di fondo (parete B). Le figure sono inquadrate in cornici e partiture architettoniche variamente decorate. Le vele soprastanti gli archi hanno un fondo verde con un medaglione centrale e sono circondate da una finta modanatura che va anche a definire i ventagli della volta. La volta è di colore azzurro chiaro sul quale si sono riconosciuti alcuni residui di stelle di colore giallo. Al centro della volta, nella porzione riportata alla luce, è apparso una sorta di grande astro di colore rosso, con lunghi raggi lineari alternati a raggi ondulati.
Rest. Maria Paola Bellifiori
Il lavoro fin qui eseguito ha interessato la metà più interna dell’ambiente. A seguito dell’osservazione e della superficie totale e di quanto emerso, si è potuta individuare la presenza di dieci grandi figure di Santi posizionate una per ogni arco sulle pareti laterali (parete A e C) e due sulla parete di fondo (parete B). Le figure sono inquadrate in cornici e partiture architettoniche variamente decorate. Le vele soprastanti gli archi hanno un fondo verde con un medaglione centrale e sono circondate da una finta modanatura che va anche a definire i ventagli della volta. La volta è di colore azzurro chiaro sul quale si sono riconosciuti alcuni residui di stelle di colore giallo. Al centro della volta, nella porzione riportata alla luce, è apparso una sorta di grande astro di colore rosso, con lunghi raggi lineari alternati a raggi ondulati.
Rest. Maria Paola Bellifiori
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