sabato 22 gennaio 2011

SANT'ANDREA DI SOLOFRA (AV) - RESTAURO E MANUTENZIONE DELLA QUADRERIA - 2000



In occasione della riapertura al culto della Chiesa di Sant’andrea nella frazione Sant’Andrea di Solofra, la Soprintendenza ai B.A.A.A.S. di Salerno ed Avellino, ha commissionato il restauro ed il rimontaggio dei dipinti della quadreria, costituita da 17 dipinti ad olio su tela di cui 13 opera di Francesco Guarino, 3 di A. Solimena, 1 di M. Vigilante, 1 dipinto su tavola, cornici di corredo.
I dipinti, quasi tutti sottoposti a restauro circa dieci anni fa, si presentavano con distacchi tra la tela originale e la foderatura in alcune zone anche di notevoli dimensioni. Le reintegrazioni cromatiche, ancora in buono stato sulle stuccature, si presentavano alterate per i neutri. Diverse stuccature mostravano distacchi o abrasioni.
Si riscontravano alcune recenti perdite di pellicola pittorica con la relativa preparazione. La verniciatura finale era disomogenea e con localizzati sbiancamenti.
Il legno dei telai era imbrattato da colle, carte adesive, e  polvere. Un dipinto presentava efflorescenze di colore verde imputabile ad un attacco di natura biologica.
Il dipinto del Vigilante non era mai stato restaurato.

                                                   Rest. Maria Paola Bellifiori

Cesinali, 2000

giovedì 20 gennaio 2011

Dipinti napoletani del Sei e Settecento dal Veneto


Da: Segreteria Previtali <segreteria.previtali@gmail.com>
Date: 20 gennaio 2011 13:46
Oggetto: Dipinti napoletani del Sei e Settecento dal Veneto

se non avete ancora avuto modo di visitare la mostra a Salerno, presso la  Pinacoteca Provinciale, Dipinti napoletani del Sei e Settecento dal Veneto, vi segnaliamo che nella parte finale della  trasmissione  “Applausi”, diretta da Gigi Marzullo (domenica  notte, 23 gennaio, ore 1.05 - 2.20), verrà offerta una panoramica dell’esposizione, con commento del curatore. Buona visione e a presto.
Segreteria Previtali
info e contatti: 


martedì 18 gennaio 2011

MERCATO SAN SEVERINO (SA) - LAVORI DI MESSA IN LUCE E CONSOLIDAMENTO DEI DIPINTI MURALI IN SAN GIACOMO DE CERVITO

Il terraneo del civico 12 di Via San Giacomo in Mercato San Severino, facente parte del complesso architettonico di San Giacomo de Cervito, si presenta come un unico ambiente di forma rettangolare con volta a botte poggiante sulle pareti laterali attraverso quattro vele e cinque pennacchi. Le pareti laterali sono quindi suddivise nella zona superiore in quattro arcate ciascuna. A destra entrando si trovava una fornace di cui si notano le tracce sulla parete. A sinistra sono presenti due nicchie rettangolari, la prima posizionata a circa 40 cm dal pavimento a la seconda ad altezza del pavimento. La parete di fondo con arco a tutto sesto, presenta in alto una finestra rettangolare  con grata, al di sotto della quale, ad altezza del pavimento vi è una nicchia delle stesse dimensioni e forma di quella laterale, mentre a sinistra di questa nicchia si intravede sull’intonaco la traccia di un’altra apertura o nicchia attualmente chiusa. La parete di controfacciata è un rifacimento post-bellico, in essa vi è l’accesso al locale che è chiuso da un portone ligneo.
Sulle pareti laterali e sulla volta si intravede la presenza di dipinti murali con figure umane, decorazioni a candelabri e fasce colorate. Di questi dipinti non è possibile stabilire attualmente una datazione poiché coperti quasi integralmente da sporco ed intonaci, tuttavia si presume che possa trattarsi di opere risalenti al XVI/XVII sec.

NOTIZIE STORICHE DEL COMPLESSO DI SAN GIACOMO DE CERVITO
Già agli inizi del XIV secolo è documentata l’esistenza di una chiesa intitolata a San Giacomo de Cervito situata nel luogo chiamato “lo Resicco”, nei pressi della porta “Rotese”, che conduceva a Salerno.
Viene elencata nel 1309 fra quelle che pagano le decime alla Camera Apostolica.
Evidenti analogie architettoniche tra il companile di San Giacomo con quello della chiesa di San Giovanni in Parco (1466) fanno pensare che i due edifici religiosi furono costruiti nello stesso periodo.
La chiesa, di patronato dell’Università di San Severino, compare in diversi documenti del XVI secolo, tra cui una relazione firmata da Ieronimo Ansalone col sigillo dell’Università di San Severino, datata 5 luglio 1593, in cui si legge che “nel Mercato al resicco vi è la chiesa Antiqua detta di S. Iacomo la quale, molti anni addietro era quasi diruta e dopo si è dato principio all’Ospedale et nova fabbrica della chiesa e anche la vecchia ecclesia è stata coperta et accomodata a spese dell’Università perché si potesse celebrare…”, mentre in un altro documento datato 6 luglio dello stesso anno, Ferrante Fusco, dichiara:”Essendomi conferito a S. Iacobo del resicco ho ben considerata et misurata la chiesa di lunghezza di palmi 45 e larghezza 35. Verso oriente, per undici palmi discosta, si vede nuovamente edificata per l’Universita’ di San Severino una bella e moderna chiesa, intitolata similmente a S. Iacomo, amplia et spatiosa, et l’arcata et cornicioni di dentro e di fuora sono di pietra intagliata a guisa di piperni di Napoli. Verso mezzogiorno v’è un comodo et aggarbato hospitale dove si governano infirmi et accogliono esposti et vi sono de l’uno et l’altro sesso; sotto la corseria dell’hospitale vi è un monte di pietà che impresta ai poveri graziosamente et il pegnio et detti hospitale e monte sono a somiglianza di quelli dell’Annunziata di Napoli…”
Nel 1595 da una relazione della visita dell’Arcivescovo di Salerno Mario Bolognini, risulta che nella chiesa di San Giacomo è eretta la Confraternita di Maria SS. della Neve, dove venivano sepolti i confratelli.
Nel 1798 si ha notizia della presenza all’interno della chiesa di un altare con statua dedicata al culto di San Severino.
Quando l’Arcivescovo Salvatore Spinelli, nel maggio del 1798, fa visita alla chiesa essa presenta sette altari dedicati a  San Gaetano, Santa Maria di Loreto, San Giuseppe, Sacra Famiglia, Sant’Agata, San Carlo Borromeo, San Severino.
Altri documenti di Sante visite per tutto il XVI, XVII e XVIII sec. fanno descrizione dei luoghi, delle nomine, delle donazioni e rendite della chiesa e dei suoi annessi.
Nel XVIII sec. nella chiesa di San Giacomo viene eretta una confraternita del clero intitolata all’Assunta.
Il complesso ecclesiastico ospitava, come risulta dai documenti, l’Ospedale dei Poveri, il Monte di pietà, la Ruota degli esposti ed un Orfanotrofio.
La ruota degli esposti risulta essere stata restaurata a spese del Comune nel Marzo 1833, e fino agli inizi del novecento era ancora presente.
Nel 1810 la chiesa di san giacomo era amministrata da sindaci pro-tempore e dal Collegio dei Decurioni, i quali vantavano su detta chiesa un “chimerico” diritto “jus padronato” poiché il luogo, per regio Demanio era di pubblica beneficienza.  Sessant’anni prima vi era “per comodo della popolazione” un Monte denominato Banco di San giacomo “ dal dispotismo degli amministratori comunali di quell’epoca dilapidato e dismesso”, un Ospedale “…nel suo mediocre edificio esiste ancora la sala degli ammalati e la Cappella, la cunina dell’ospedale ed il forno…”, l’Orfanotrofio per i bambini abbandonati nella ruota degli esposti “…vie è la Ruota col portellino di marmo di lavoro antico…vi è sempre stata fissa la ruota ricevitrice de’ projetti…nella chiesa, attaccata a tal pio luogo un antico e vecchio Battistero, Sacra Lavanda de’ projetti…vi è la ricevitrice dei projetti, quattro projetti e due nutrici…”.
I diritti vantati dagli amministratori scaturirono in una vertenza tra essi ed il Demanio circa l’attribuzione della chiesa, ma non furono trovati i documenti necessari a far luce sulla vicenda poiché “per impedire la scoperta delle usurpazioni…si sono bruciate le carte suddette, involando la fondazione ed i veri suoi registri…si vuole che ciascheduno dei suoi passati sindaci, dal 1800 in poi…si ha appropriato un fondo ed ecco come si ha avuta l’accortezza di far disperdere le scritture…”. Gli amministratori continuarono le loro fosche faccende, occultando e sottraendo atti pubblici, falsificando documenti, dilapidanto i beni destinati alla pubblica beneficenza, mentre dentro le mura della chiesa, Ospedale, Orfanotrofio, Banco dei Pegni di San giacomo, le giovani orfanelle in età da marito, gli orfani, le nutrici e la ricevitrice conducevano la loro squallida esistenza usurpate di ogni diritto.
Nel 1812, l’Orfanotrofio non risulta più attivo.
Il vicario foraneo di San severino, il 28 dicembre 1858 descrive la chiesa nel seguente modo: “la chiesa di san Giacomo è larghissima e bella nella struttura, ma vi bisogna alle mura, alla soffitta ed al pavimento di una innovazione”.
L’arc. Laspro, nel 1902, fece visita a San giacomo ed in tale occasione fu scritto: “l’altare maggiore sotto il titolo di San Rocco sia pulito e ornato di conopeo, quello dell’Assunta sia provvisto di pietra sacra, quello di M. SS. di Loreto di tela incerata, così pure gli altari di S. Giacomo, si S. Anna, di S. Carlo Borromeo, di S. Severino”.
Tutte le opere presenti nella chiesa, quando questa fu chiusa al culto, passarono alla chiesa di San Giovanni in Parco, eccetto la statua di San Rocco a mezzo busto che fu portata nella chiesa di S. M. delle Grazie, mentre non si conosce la sorte delle opere degli altari di San Giacomo e San Severino.
  
                                                                                  Dott. Antonella Favato
 FONTI BIBLIOGRAFICHE
1.       OTTAVIO CAPUTO “Chiese di un tempo – San Giacomo de Cervito” in “Antiche chiese di Sanseverino” – Diocesi di Salerno, pag. 127/131.
2.       TERESA PALMA  “ Orfanotrofio di San Giacomo: usurpatori e dilapidatori di infelici projetti ed onorate donzelle” in “Storia per Frammenti” – Archivio Comunale e ricerca didattica-QUADERNO N.3, pag. 19/22
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                                                 DESCRIZIONE


L’ambiente in oggetto è situato al piano terra di un edificio sottoposto alla tutela di cui al D.Leg.vo n. 42/2004, in quanto facente parte del Complesso di San Giacomo de Cervito risalente al XIV secolo comprendente la Chiesa dedicata a San giacomo, l’Ospedale dei Poveri, il Monte dei Pegni e  l’Orfanotrofio. 
Il terraneo, chiuso ed inutilizzato per oltre dieci anni, era stato in epoca recente, occupato da una bottega per la lavorazione artigianale del ferro. Proprio tale attività ha procurato l’annerimento generale delle murature già precedentemente più volte scialbate. 
Lo spesso strato composito che ricopre gli intonaci antichi, in molte    parti si è distaccato ed ha messo in evidenza la presenza delle antiche pitture di cui si intravedono parti di figure umane, decorazioni fitomorfe ed architettoniche. 
Allo stato attuale è difficile indicare quale possa essere il soggetto delle scene, così come quantificare l’estensione della superficie  dipinta, le cui  tracce però  si scorgono chiaramente su tutte le pareti, Sulle   vele e sulla volta. 

                                                                           

        RELAZIONE TECNICA SULLO STATO DI AVANZAMENTO DEI LAVORI


I lavori di messa in luce e consolidamento dei dipinti murali dell’ambiente in oggetto, secondo quanto previsto dal progetto autorizzato dalla Soprintendenza B.S.A.E. di Salerno ed Avellino con lettera del 20 luglio 2010 prot. 0002287, e contestualmente iniziati alla presenza del Dott. A. Braca, alla data odierna hanno dato esito a quanto di seguito riportato.


Dopo aver eseguito il preconsolidamento ed il fissaggio dei lacerti pericolanti mediante infiltrazioni di resina acrilica in sospensione acquosa e messa in opera di scarpette di contenimento lungo i margini, sono state eseguite prove di rimozione degli strati sovrammessi.
L’evidenziazione delle stratificazioni presenti in superficie è stata eseguita a bisturi, con l’ausilio di acqua deionizzata ed ha evidenziato la presenza di n. 6 stratificazioni.
La prima è costituita da un deposito incoerente di fuliggine a carattere grasso, con spessore notevole, originato con tutta probabilità dalla lunga attività esercitata all’interno del locale dalla bottega di lavorazione del metallo. Subito al di sotto della fuliggine si riscontra uno crosta alta circa un millimetro, di colore nero, compatta ma disomogenea, diversamente adesa alla superficie a seconda delle zone, con formazione di grosse placche distaccate che si alternano con porzioni tenacemente accorpati agli strati sottostanti.
A seguire si rinviene un livello di colore grigio anch’esso stratificato, del quale, a seconda dei punti di prova effettuati, si sono accertati almeno due o tre sovrapposizioni con spessori variabili.
Dopo la copertura grigia si riscontrano sali carbonati che ricoprono disomogeneamente una patina molto tenace, più o meno trasparente di colore giallo ambra, contaminata o sovrapposta a sali solubili.
Da quanto si è potuto osservare, i dipinti sottostanti sono eseguiti a buon fresco e risultano abbastanza ben conservati tenuto conto dell’incuria a cui sono stati sottoposti e delle condizioni di estremo degrado dell’ambiente.

La messa in luce delle zone sin’ora scoperte è stata quindi condotta rimuovendo preventivamente il deposito incoerente con pennello ed aspiratore a bassa potenza, dopo di che lavorando a bisturi agevolando l’operazione mediante utilizzo di acqua deionizzata che ammorbidisce gli strati di colore grigio sottostanti la crosta nera favorendone il distacco, fino alla messa in luce dei dipinti che rimangono ricoperti dallo strato semi-trasparente giallo ambra sopra descritto. 
Il lavoro fin qui eseguito ha interessato la metà più interna dell’ambiente. A seguito dell’osservazione e della superficie totale e di quanto emerso, si è potuta individuare la presenza di dieci grandi figure di Santi posizionate una per ogni arco sulle pareti laterali (parete A e C) e due sulla parete di fondo (parete B). Le figure sono inquadrate in cornici e partiture architettoniche variamente decorate. Le vele soprastanti gli archi hanno un fondo verde con un medaglione centrale e sono circondate da una finta modanatura che va anche a definire i ventagli della volta. La volta è di colore azzurro chiaro sul quale si sono riconosciuti alcuni residui di stelle di colore giallo. Al centro della volta, nella porzione riportata alla luce, è apparso una sorta di grande astro di colore rosso, con lunghi raggi lineari alternati a raggi ondulati.


                                          Rest. Maria Paola Bellifiori








venerdì 14 gennaio 2011

Il restauro della Sacra Icona di MARIA SS. MATERDOMINI conservata nella Chiesa del Convento Francescano di Materdomini in Nocera Superiore (SA)


L’ Icona   oggetto  del    presente   lavoro  è stata sottoposta,   nel  passato a numerosi rimaneggiamenti che si sono susseguiti in periodi non documentati fino ai nostri giorni.
In uno di questi interventi è stato sostituito il supporto ligneo originario insieme allo sfondo dell’immagine che dovevano essere in pessime condizioni anche a causa di un diffuso e massiccio attacco da insetti xilofagi. L’ipotesi avanzata è supportata dall’osservazione della presenza di fori  di sfarfallamento solo sulla superficie delle figure, e al contrario, non se ne trova traccia su altri punti del dipinto ne tanto meno sul supporto ligneo, che invece appare evidentemente in ottime condizioni e di fattura recente.
L’immagine originale residua corrisponde all’intera figura del Bambino con la sua aureola ed alla figura della Madonna, la cui aureola ed il fondo risultano, quindi, essere di rifacimento.

(Nella foto è evidenziato in rosso il contorno lungo il quale furono ritagliate le figure)

E’ stata proprio la straordinaria compattezza del legno di supporto,  contrastante con lo stato conservativo dell’immagine, il primo indizio che ci ha indotto ad ipotizzare quanto  esposto.
L’attuale supporto è costituito da due assi longitudinali in legno di castagno, con l’aggiunta lungo i margini superiori ed inferiori di due strette assi orizzontali dello stesso legno.
La porzione antica dell’opera è dipinta su di una incamottatura costituita da una sottile tela di lino con preparazione pressoché assente, mentre quella di rifacimento presenta una tela di iuta, molto grossolana, sulla quale vi è una preparazione gessosa ricoperta di bolo rosso in corrispondenza dell’aureola della Madonna e di bolo bruno nel fondo. La doratura dell’aureola della Madonna è realizzata in oro zecchino mentre il fondo con oro a conchiglia.
La pellicola pittorica sembra essere eseguita a tempera grassa, con lumeggiature delle vesti in oro a conchiglia.

Lo stato di conservazione del dipinto, al momento del suo arrivo al nostro laboratorio, era pessimo.
La superficie era deformata dalle ondulazioni causate dai distacchi della tela dal nuovo supporto che ormai tendeva a sollevarsi e lacerarsi, distacchi lacerazioni e sfilacciatura erano presenti anche lungo i margini della tavola(fot 8 luce radente). La pellicola pittorica e le dorature 
apparivano inscurite a causa delle alterazione di vecchi protettivi e delle sovrammissioni di polveri più o meno adese e sporco di varia natura.
Il manto della Madonna e l’aureola  del Bambino erano integralmente ricoperti da maldestre ridipinture che avevano contribuito notevolmente ad accrescere il deterioramento dell'opera. Difatti, il loro ritiro dimensionale in fase di asciugatura ed invecchiamento  ha deformato il delicato insieme costituito dalla tela e dalla cromia originale.
Si intravedevano sotto i rifacimenti  gli spessori di stuccature debordanti sull’originale con andamento irregolare rispetto alla superficie.
Molti ritocchi alterati erano diffusi anche su tutto il resto della raffigurazione. Da notare in modo particolare quello posizionato sulla guancia destra della Madonna che ne deturpava il viso con una grossa macchia. 

Altro danno di notevole entità era la presenza sulle figure di una enorme quantità di corpi metallici estranei quali spilli chiodi, chiodini, anche arrugginiti, oltre che di buchi di varia grandezza con i contorni lacerati, dovuti alla consuetudine di adornarela Sacra Immagine con gioielli e pietre preziose.


L

a pianificazione di questo intervento di restauro si è rivelata subito in tutta la sua complessità.

  L’icona così come ci giungeva in laboratorio, con le ridipinture anche se grossolane, rappresentava l’immagine che i fedeli conoscevano e veneravano da anni. L’intervento di pulitura avrebbe sicuramente modificato tale immagine e questo preoccupava sia noi che i Frati. Era però prioritario fermare il progredire del degrado costituito soprattutto dall’incidenza fisica di queste ridipinture sul delicato colore originale, e di conseguenza recuperare una   possibile migliore fruibilità estetica.    
  Muovendosi tra queste due finalità, si è effettuata una completa ricognizione sia della superficie pittorica sia del supporto, valutando la possibilità di intervenire maggiormente sul verso del dipinto per liberarlo, come detto, dagli strati di vario materiale depositatosi nel tempo a causa degli interventi di restauro e manutenzioni pregresse e dell'esposizione agli agenti atmosferici, e tentare soltanto di migliorarne la planarità senza  sottoporre nuovamente il dipinto ad un distacco dall’attuale supporto. considerando che  un intervento così complesso, avrebbe sottoposto l’opera ad uno stress eccessivo per la sua materia già fortemente provata.
        Si sono eseguiti dei micro-test di pulitura in varie zone della superficie per individuare e quantificare la cromia originale, e per mettere a punto una metodologia idonea a raggiungere una soddisfacente lettura dell’immagine.
I primi tasselli di pulitura ci hanno confermato la presenza  di numerose   stratificazioni   di  vario materiale   identificabile  probabilmente   come vernici,  sostanze  proteiche, cere,  sporco  generico, patinature colorate, ridipinture ad olio ed a smalto che ricoprivano soprattutto il manto della Madonna che da azzurro era in realtà bruno.                                     
 seguito di questa conferma, i Frati esposero all’assemblea dei fedeli e devoti, mediante immagini fotografiche, le risultanze dei test di pulitura, spiegando le circostanze dell’intervento che si andava ad eseguire e descrivendo come il risultato di tale intervento avrebbe cambiato il dipinto.
Confortati, quindi dal supporto dei frati e dalla consapevolezza dei fedeli, abbiamo iniziato il nostro lavoro di pulitura.
Per prima cosa si è eliminata l'enorme quantità di colla animale presente su tutta la superficie con l'utilizzo di tamponi imbevuti di acqua tiepida.
Sotto la colla si è rinvenuto uno strato ceroso rimosso con una miscela di ligroina ed acetone.
Le ridipinture sono state eliminate facendo rigonfiare gli strati mediante l’applicazione
di una soluzione gelificata a base di acido citrico e trietanolammina, ed in seguito rimosse a bisturi.
Sempre a bisturi sono state eliminate le vecchie stuccature ed è stato liberato il contorno originale delle figure ricoperto dal riporto del rifacimento del fondo.
Si sono in tal modo recuperate la cromie del manto della madonna, del nimbo e dei piedini del Bambino, il fondo ed i piani di incastro tra le figure e le aureole della zona centrale tra la testa della Madonna e quella del Bambino prima non visibili, oltre che la silhouette delle figure.
Dopo ulteriori test di solubilità, si è eseguita una seconda pulitura finalizzata all’assottigliamento dello sporco e dei protettivi alterati presenti sotto le sostanze rimosse nella fase precedente.  Tale pulitura è stata condotta mediante l’utilizzo di un  solvent-gel a base di DMSO e Acetone su carta giapponese, rimosso poi con un tamponcino asciutto ed i suoi residui eliminati mediante lavaggi con tamponi imbevuti di acetone ed essenza di petrolio.  
Questa fase di pulitura è stata calibrata selettivamente, al fine di non evidenziare gli  scompensi cromatici presenti sulla superficie pittorica.
      Le dorature del fondo e dell’aureola della Madonna, anche se non originali, sono state conservate perché, come detto precedentemente,  le zone originali corrispondenti furono eliminate in passato insieme con la sostituzione dell’antico supporto.
L'opera, adesso libera delle sovrammissioni, aveva già perso molte delle deformazioni che come detto erano causate proprio dall'irrigidimento di questi strati e dagli strappi in essa provocati.
Si è proceduto, quindi, al fissaggio dei sollevamenti della tela con infiltrazioni di resina termoplastica che con l’ausilio del termocauterio ne ha permesso il riaccostamento al supporto.
A questo punto le deformazioni della tela, anche se non completamente, erano pressoché scomparse, e potevamo ritenere soddisfacente il risultato ottenuto anche senza intervenire con azioni più invasive.

E’ stata poi eseguita una leggera verniciatura intermedia, necessaria per interporre un sottile strato d’intervento tra l’originale e le sostanze applicate nelle operazioni seguenti.
Si sono realizzate le stuccature con gesso e colla animale e si è proceduto con la reintegrazione cromatica delle abrasioni e delle lacune, localizzate soprattutto sul manto della Madonna, sul nimbo del Bambino e in alcune zone del fondo oro che mettevano in vista la tela sottostante, condizionando negativamente la percezione dell’immagine.


L’intervento si è svolta  principalmente con l'intento di restituire  omogeneità all'opera  con la massima   discrezione operativa.
La prima fase, condotta ad acquerello,  ha interessato fondamentalmente l'abbassamento di tono delle grandi lacune, degli squilibri di colore della tela originale macchiata irreversibilmente dalle varie sostanze dei restauri precedenti, e delle abrasioni e micro-lacune poste essenzialmente sui colori scuri, procedendo per progressiva eliminazione dei disturbi ottici di volta in volta predominanti.          
 Dopo una ulteriore leggera verniciatura a spruzzo, si è   proceduto con la reintegrazione  delle nuove stuccature utilizzando colori a vernice per restauro, con la tecnica del tratteggio alternata.
Il fondo dorato è stato reintegrato con tratteggio eseguito con oro a conchiglia 23 Karati e ¾, con cui sono state riprese anche le discontinuità più evidenti  delle lumeggiature della veste del  Bambino.
Sono stati utilizzati colori ad acquerello Windsor & Newton solo tinte compatibili tra loro e resistenti alle radiazioni UV, e colori a vernice per restauro Maimeri.
L'intervento è stato completato con l'applicazione di vernice semi-mat.
Il risultato mostra l’immagine liberata ed alleggerita dalle ridipinture, recuperata nelle cromie originali, ricomposta e perfettamente leggibile.
      
                














San Michele di Serino, 08/06/04         Rest. Maria Paola Bellifiori

lunedì 10 gennaio 2011

SARNO - CONVENTO SAN FRANCESCO - CAPPELLA DELL'IMMACOLATA - RESTAURO DEL DIPINTO SU TAVOLA

http://cid-ed2ca20165a7dbb1.skydrive.live.com/play.aspx/.res/ED2CA20165A7DBB1!543?ref=1

dopo il restauro

prima del restauro

Post DI "GIARDINO DI PALAZZO DEL FRANCO" Pagina FaceBook

TRATTO DA "LO SPAZIO DELL'OPERA D'ARTE" in "TEORIA DEL RESTAURO" - CESARE BRANDI

pubblicata da GIARDINO DI PALAZZO DEL FRANCO il giorno martedì 12 gennaio 2010 alle ore 20.10


Il primo intervento che noi dovremo considerare, non sarà quello diretto sulla materia stessa dell'opera, ma quello volto ad assicurare le condizioni necessarie a che la spazialità dell'opera non sia ostacolata al suo affermarsi entro lo spazio fisico dell'esistenza. 
...
Attaccare un quadro ad una parete, togliergli o mettergli una cornice; mettere o levare un piedistallo ad una statua, toglierla dal suo posto o creargliene uno nuovo; aprire uno spiazzo o un largo ad un'architettura, addirittura smontarla e rimontarla altrove; ecco altrettante operazioni che si pongono come altrettanti atti di restauro, e naturalmente non solo come atti positivi, anzi, il più delle volte, decisamente negativi, come quelli contrassegnati dallo smontaggio e rimontaggio in altro luogo di un'architettura. 
(Capitolo 7 "Lo spazio dell'Opera d'arte" in "Teoria del restauro" di C. Brandi.

martedì 4 gennaio 2011

SOLOFRA - CHIESA DEL CARMINE - DIPINTO AD OLIO SU TELA RAFFIGURANTE LA MADONNA DEL ROSARIO - AUTORE FRANCESCO GUARINO



Vi mostro in anteprima due foto scattate durante il restauro del dipinto di Francesco Guarino che raffigura la MADONNA DEL ROSARIO CON BAMBINO ED I SANTI DOMENICO E CATERINA.

La prima immagine mostra il particolare del volto della Madonna ripreso a luce naturale, con in evidenza un tassello di pulitura.

La seconda è un'immagine del particolare durante la realizzazione 
del tassello di pulitura sottoposto all'UV. 
Si notano evidentissimi i ritocchi grossolani soprattutto localizzati sul manto azzurro.


Il dipinto, sconosciuto fino ad allora,  fu  scoperto lo scorso anno dalla Dott. Maria Cristina Giannattasio nella piccolissima chiesa del Carmine, in zona Ferrovia a Solofra.
L'opera restaurata grazie al contributo economico degli industriali della città della concia, sarà presentata prossimamente al 
pubblico durante le iniziative promosse dal Comune di Solofra per la celebrazione del IV centenario dalla nascita dell'artista.


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