sabato 18 dicembre 2010

UN INSOLITO RESTAURO: LA S. ELISABETTA DEL CONVENTO DI BRACIGLIANO

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11/01/2008 12.00.07
OGGETTO:  Scultura lignea policroma raffigurante Sant’Elisabetta d’Ungheria
UBICAZIONE:  CONVENTO SAN FRANCESCO   
LOCALITA’: BRACIGLIANO (SA)
DIMENSIONI:  mt. 1,70 x 0,4 x 0,5
EPOCA DEL RESTAURO: 2007

 STATO DI CONSERVAZIONE
La scultura raffigurante S. Elisabetta d’Ungheria, oggetto dell’attuale restauro,  prima dell’intervento si presentava in pessime condizioni.
Tutta la superficie era ampiamente e pesantemente rimaneggiata, ricoperta da numerosi strati di riammaniture e ridipinture  che occludevano e deformavano il modellato alterando totalmente la percezione dell’immagine che ormai aveva assunto, soprattutto nel viso un aspetto grottesco.
Sin dai primissimi piccoli saggi di rimozione effettuati sulla superficie, è apparsa chiaramente la gravità conservativa, difatti sotto gli strati menzionati non affiorava alcunché. D’altra parte, lo stato dell’immagine così come ci giungeva, era talmente compromesso, talmente deturpato, eseguito grossolanamente, da risultare insopportabile ed improbabile la sua conservazione, anche perché, rimaneva percepibile a ben guardare, una certa  dolcezza d’espressione ed eleganza di modellato, con una torsione del busto ed un movimento da ricordare le sculture  quattrocentesche.
In prima battuta era pressoché   impossibile  esaminare il reale stato conservativo dell’opera, tanto era ricoperta dai rifacimenti. Solo in seguito, dopo la rimozione degli strati sovrammessi, abbiamo potuto renderci conto della situazione Conservativa, che appariva decisamente drammatica.
L’antica pellicola pittorica residua era  inferiore al 20%, concentrata soprattutto  sul volto e sulle mani, tutto il resto della superficie presentava il legno a vista,  anch’esso fortemente degradato.                                                                            
I pregressi attacchi da insetti xilofagi avevano indebolito talmente la struttura da comprometterne la funzione statica. Erano evidenti distacchi di parti del modellato, fessurazioni del legno, fratture e sconnessioni, il braccio destro risultava soltanto incollato al fusto, le mani erano state mal assemblate, inoltre la base non originale era parzialmente distaccata dalla scultura che per questo motivo oscillava pericolosamente.
Dall’osservazione degli elementi emersi durante il restauro è stato possibile identificare numerosi  precedenti interventi, tra i quali, uno molto recente risalente a pochi anni fa. Ne ha dato testimonianza il rinvenimento di fotocopie di  disegni di bambini  datati 1998, usati per risarcire i distacchi e le fessurazioni del legno.
Le sculture lignee, in genere erano frequentemente sottoposte ad interventi di risistemazione, finalizzati ad un malinteso recupero estetico che si risolveva sovente in rimaneggiamenti grossolani alla struttura e rifacimenti esteriori attraverso pratiche che oggi si considerano inconcepibili. Spesso il colore originale danneggiato veniva azzerato e riproposto ex novo, o addirittura si assemblavano parti provenienti da opere diverse, arrivando anche a cambiarne il soggetto, in base alle esigenze liturgiche. Tale pratica quindi tendeva disinvoltamente a manipolare l’opera incurante della sua valenza di Bene Culturale e spesso arrecando danni irreversibili.
Nel caso della nostra scultura, non abbiamo documenti certi attraverso cui risalire alle condizioni conservative che hanno portato all’attuale esito, pertanto non possiamo sapere se la quasi totale mancanza di colore sia dovuta a perdita naturale oppure ad azzeramento procurato da restauratori del passato. Osservando attentamente la superficie si è potuto scorgere tra le fibre del legno, residui di un’antica ammanitura certamente questa rimossa artificialmente in epoca non documentata.
L'INTERVENTO DI RESTAURO
 Il recupero estetico è  stato sicuramente il punto di partenza  di questo restauro  che in seconda battuta ci ha visti alle prese con un complesso intervento di consolidamento strutturale.
L’estetica di una scultura così compromessa come quella della nostra S. Elisabetta, è sentita come necessità impellente in misura proporzionale alla sua valenza devozionale, ma il restauratore sa che, essa è anche un Bene Culturale, ed in quanto tale protetto da Leggi dello Stato finalizzate alla tutela ed alla salvaguardia del Patrimonio. Ecco un caso in cui conciliare le diverse esigenze, e cioè quelle religiose, quelle estetiche e quelle strettamente conservative e di testimonianza, diventa veramente arduo, tanto più quanto la committenza è religiosa e privata.
Consapevoli di  questi molteplici doveri, ed avendo come fine quello di recuperare esteticamente e strutturalmente un’opera, abbiamo iniziato il nostro percorso lavorativo.
Dopo una spolveratura preliminare, per prima cosa si è eseguita una completa ricognizione visiva della superficie, una approfondita documentazione fotografica ed il rilievo grafico dello stato di fatto.
Si sono eseguiti test di pulitura in varie zone, come approccio sia conoscitivo della superficie originale e del suo stato di conservazione sia metodologico per individuare un sistema  idoneo di pulitura che ci assicurasse il miglior risultato possibile.
Da tali test è emerso subito il grave degrado in cui versava l’opera sia per la mancanza di colore quasi ovunque sul saio e su gran parte degli incarnati,  sia per lo stato della materia lignea di supporto che si presentava completamente deteriorata a causa delle massicce aggressioni degli insetti xilofagi .
I primi tasselli di pulitura ci hanno confermato la  presenza di numerose stratificazioni di vario materiale. Al di sotto di una prima riammanitura eseguita di recente a base di gesso  e colla animale, dipinta a tempera senza vernice, quindi facilmente removibile, sono stati individuati numerosi altri strati  realizzati con sostanze non idrosolubili quali cere, vernici, patinature colorate, ridipinture ad olio ed a smalto, fondi e riammaniture varie, nonché tele incollate nei punti di maggior degrado del legno e carte arrotolate infilate nelle spaccature.
In base alle risultanze dei test, si è deciso di differenziare la metodologia di pulitura degli incarnati rispetto al resto della superficie.
Le vesti, i calzari e la pedana sono stati puliti alternando impacchi di solventi lasciati ad agire per il tempo opportuno a rigonfiare gli strati, e conseguente rimozione a bisturi sia delle ridipinture e delle varie sostanze stratificate che delle tele e della carta.
Tutta l’operazione ha impiegato per due mesi vari collaboratori e stagiste a causa della moltitudine di sostanze sovrammesse, alcune delle quali particolarmente concrezionate e di forte spessore. In modo particolare si è mostrata tenace una ammanitura di rifacimento posta a contatto con il legno degradato, tale sostanza andava a riempire oltre che le parti più interne dei panneggi, le fessurazioni del legno ed i numerosissimi fori provocati dall’azione degli insetti.
La pulitura degli incarnati, invece, è stata articolata in quattro distinte fasi.
Per prima cosa si è eliminato lo strato esterno di recente applicazione, eseguito con gesso e colla animale dipinto a tempera, mediante utilizzo di soluzione addensata composta da un tensioattivo idrosolubile non ionico a bassa concentrazione quale il Tween 20 all’1% in acqua, a seguire un leggero passaggio a tampone imbevuto di acqua e acetone ed un altro di Acetone ed Essenza di Petrolio. Poi, aiutandosi con la lente di ingrandimento, si è riusciti a recuperare le porzioni di incarnato originale ed il modellato, utilizzando un solvente composto di DMSO 25% - Acetone 75% a tampone per ammorbidire o rigonfiare man mano i livelli di vernici e stucchi compositi e rimuoverli completamente con il bisturi o lo specillo dentistico. Infine si è operato un lavaggio con ligroina a tampone.
Dopo la pulitura, l’intera scultura ormai libera delle sovrammissioni, ha riacquistato leggerezza di modellato e armonia nel movimento . Infatti, nonostante la drammatica assenza di gran parte della pellicola pittorica, l’opera appariva più leggibile ed espressiva.
Si è proceduto, quindi, all’intervento conservativo prima con la disinfestazione del legno attraverso infiltrazioni ed imbibizioni di liquido a base di permetrina (principio attivo che assicura un’azione di tossicità prolungata nel tempo sia per gli insetti allo stadio adulto che per le larve).  La scultura è stata in seguito sigillata in polietilene pesante per 20 giorni in modo da creare una sorta di camera a gas.  Dopo aver provveduto alla rimozione dei rifacimenti strutturali di precedenti restauri, ormai non più idonei per conformazione e costituzione, si è consolidata la materia con resina acrilica in soluzione applicata mediante infiltrazioni a   rescente   percentualizzazione.
Il risanamento della struttura è stato realizzato con incuneature nelle fessurazioni, con tassellature nelle zone maggiormente deteriorate, nei distacchi maggiori, o per la ricostruzione di lacune, mentre con resina epossidica bicomponente sono state risarcite le fratture,  rinforzate le giunture tra le sconnessioni e ricostruite piccole zone mancanti. Il fissaggio del braccio destro al fusto è stato ottenuto adoperando barrette di vetroresina fissate con resina epossidica bicomponente, all’interno di fori di alloggio.
Al termine di queste operazioni, la scultura aveva riacquistato stabilità e compattezza strutturale.
Si poneva ora il problema della restituzione estetica. La ricerca di una nuova sintesi, doveva, come detto inizialmente, tener conto di numerosi aspetti: se da un lato era necessario che l’immagine finale rispecchiasse le aspettative dei fedeli e dei committenti, da un altro era importante che  il rispetto di queste aspettative non andasse  in conflitto con le regole della conservazione e del restauro di un bene culturale.
Data la situazione di estremo degrado, si è deciso di intervenire il meno possibile con la reintegrazione cromatica. Tutte le vesti sono state quindi trattate a legno, mentre gli incarnati e la base sono stati reintegrati.
Le zone con il legno a vista sono state prima stuccate, mordenzate, trattate con una leggera mano di gommalacca ed infine protette da un velo di cera  naturale.
Sulle zone policrome è stata eseguita una verniciatura intermedia allo scopo di interporre un sottile strato d’intervento tra l’originale e le sostanze applicate nelle seguenti fasi di stuccatura e reintegrazione cromatica.
Per ricostruire la  necessaria unità formale degli incarnati sono state eseguite, stuccature con gesso e colla animale.
Dopo un’ulteriore leggera verniciatura si è proceduto con la reintegrazione cromatica utilizzando colori a vernice per restauro, solo tinte compatibili tra loro e resistenti alle radiazioni UV, ricucendo il residuo tessuto cromatico originale con velature e puntinato, e le grosse lacune con il tratteggio.
Per la base, invece, trattandosi di un elemento di rifacimento, si è operato con maggiore libertà, fermo restando l’utilizzo di materiali completamente reversibili riproponendo il rosso rinvenuto in microscopiche tracce alla base delle vesti durante la pulitura, e proponendo un’argentatura meccata per le cornici.
L'intervento di reintegrazione cromatica sugli incarnati e sulla base è stato  completato con l’applicazione, a spruzzo, di una vernice semi opaca. Tutti i materiali adoperati sono considerati idonei all’impiego nel restauro dei Beni culturali per le loro caratteristiche di qualità, durata e reversibilità.
10/01/08          Rest. Maria Paola Bellifiori
(puoi guardare le foto nell'album fotografico)
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